Giulia e la libertà che si divide in due
Giulia vive a Roma, in un appartamento al terzo piano senza ascensore. Lavora in smart working, ama la fotografia e ha sempre avuto un debole per l’acqua.
Da ragazza andava spesso in kayak, quando bastava un passaggio o un gruppo di amici per partire verso il mare o un lago. Poi il tempo ha iniziato a sfuggirle tra impegni, riunioni e routine.
Quel tipo di libertà sembrava ormai appartenere a un’altra stagione della vita.
Il problema non era la voglia, ma la logistica. I kayak erano troppo ingombranti, impossibili da gestire da sola. Niente SUV, niente garage. Alla fine, aveva smesso di pensarci.
Finché, un giorno, scorrendo tra le storie su Instagram, si è fermata.
Una ragazza, poco più giovane di lei, stava caricando due sezioni di kayak nel bagagliaio di una piccola utilitaria. Nessun rimorchio, nessun aiuto. Solo libertà, divisa in due pezzi.
Quel kayak si chiamava Triken 330 S Live, la versione divisibile e compatta della linea Big Mama Triken.
Giulia ha guardato quel video tre volte. Poi ha cliccato sul sito.
E ha capito subito che non si trattava di un compromesso.
Era una seconda possibilità.
Quando il pacco è arrivato, l’ha aperto con la stessa emozione di un regalo aspettato a lungo. I moduli erano leggeri, ben rifiniti, si incastravano in pochi gesti. Il colore – nero, grigio – le piaceva da impazzire.
Ma il vero momento è arrivato quel sabato.
Ha caricato i due pezzi del kayak nel baule della sua macchina compatta, ha preso la reflex, una borraccia, un libro e un piccolo pranzo.
Destinazione: Lago di Bracciano.
Il parcheggio era vicino alla riva.
Ha steso un tappetino a terra, unito i due moduli, sistemato il sedile. Tutto da sola. Senza strumenti. Senza dover chiedere aiuto.
Era sola. Ed era esattamente quello che desiderava.
Una volta in acqua, ha iniziato a pedalare.
Il sistema a elica era silenzioso e fluido. Il kayak era stabile, comodo, reattivo. Le mani libere, la mente leggera. Ogni movimento era naturale, ogni direzione facile da prendere.
Costeggiava la riva, lontana da tutto.
Lontana dal rumore, dalla fretta, dalle notifiche.
Ha trovato una piccola baia nascosta, tra le canne.
Ha tirato su il kayak sulla sabbia, si è tolta le scarpe e si è seduta su una roccia piatta.
Ha mangiato la sua focaccia in silenzio, letto qualche pagina, scattato foto al riflesso del cielo sull’acqua. Nessuna fretta. Nessun programma. Solo presenza.
Nel pomeriggio ha fatto un altro giro. Ha lasciato che il sole le scaldasse la pelle, ha fotografato la linea dell’orizzonte, si è goduta l’aria, l’acqua, il silenzio.
Poi è tornata indietro, ha smontato il kayak, lo ha caricato in macchina.
Senza rumore. Senza sforzo.
Guidando verso casa, si è resa conto che non si sentiva affaticata. Si sentiva viva.
Quella sera, davanti al computer ancora spento, ha pensato:
“Non ho solo comprato un kayak.
Ho ritrovato la mia indipendenza.”
Ora Giulia lo fa spesso.
Anche in pausa pranzo, d’estate. Anche la domenica all’alba, quando Roma dorme e i laghi sono immobili come vetro.
E ogni volta che carica i due moduli nel baule, sorride.
Perché sa che da quel giorno in poi, non dovrà mai più aspettare nessuno per partire.